Da una parte troviamo i grossi brand che utilizzano in maniera anche spregiudicata le ultime tecnologie 2.0 allo scopo di digitalizzare tutti i processi fashion e luxury.
Non tanto per l'impiego dell'ultima frontiera del conversional commerce, sui cui chatbot si sono (fortunatamente) addensate in questo ultimo periodo delle nubi alquanto minacciose, ma sulla pratica delle hackation, largamente utilizzate per continuare a scovare progetti innovativi per la digitalizzazione della distribuzione.
Pratiche che, virando esclusivamente sul digitale, si allontano un po' troppo dall'essenza della comunicazione del prodotto di moda e lusso.
Dall'altra parte della barricata troviamo invece le piccole aziende di moda dove innovazione fa ancora rima quasi ed esclusivamente con digitalizzazione.
Come è stato sottolineato da e-Pitti, lo spinoff 2.0 del più noto appuntamento italiano con la moda maschile, molti produttori di capi e accessori moda si muovono ancora in un limbo in cui il salto al digitale viene sentito come il passaggio esclusivo a metodi che:
- permettono di gestire in maniera automatizzata gli ordini
- sono in grado di gestire forme di pagamento digitale.
Di fatto, insomma, esiste una forbice non indifferente nel modo di intendere l’innovazione nel settore della moda, a secondo che a essere coinvolti siano i big brand o le piccole firme locali, ma in ambedue i casi l'errore può nascere da una errata interpretazione del processo di digitalizzazione.
Digitalizzazione deve fare rima con comunicazione.
DIGITALIZZAZIONE DEVE FARE RIMA CON COMUNICAZIONE
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10:02:00 AM
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