Come quelli di qualsiasi altro settore anche i brand del fashion non possono permettersi di rimanere esclusi dai "luoghi digitali", soprattutto quelli 2.0 connotati dalla possibilità effettiva di incontrare spontaneamente i propri consumatori.
Questa digitalizzazione impone profonde trasformazioni in qualsiasi settore della filiera.
A partire dalla valorizzazione delle best practice nostrane in relazione ai principali driver (da Facebook a Instagram) che stanno portando la moda a farsi digitale.
Senza dimenticare un aspetto fondamentale.
La comunicazione è sempre una relazione bipolare tra emittente e destinatario, tra medium e messaggio e se è vero che il 2.0 influenza la moda è plausibile anche il contrario, vale a dire che è il digitale a farsi di moda. Basta pensare al ricercato design hardware e software di Apple.
Comunque il tutto si deve tradurre nella necessità di pensare a una strategia digitale chiara, efficace, in grado di riflettere prima di tutto l'immagine e i valori aziendali che per un brand di moda sono fondamentali.
Quello di un capo o di un accessorio, infatti, non è quasi mai un acquisto pragmatico.
Riflette:
- uno stile di vita
- un modo di comunicare
- un modello di riconoscimento
- uno status symbol
La sfida consiste proprio in questo: una lunga tradizione di aziende attive e fiorenti nel settore che non può rimanere immune alla "digital disruption" di questi anni.
Tradizione e innovazione, due concetti apparentemente antitetici, ma che devono trovare il giusto equilibrio con la nuova comunicazione 2.0.
E la Fashion Semiology, al pari di altre discipline innovative, aiuta proprio in questo.
FASHION AND LUXURY 2.0
Reviewed by Polisemantica
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12:30:00 PM
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